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Anna Capolupo

Lamezia Terme (Italia), 1983

Pittura, Scultura, Installazioni, Colore, Emozionale, Onirica, Narrativa

La pittura di Anna Capolupo possiede un taglio strettamente personale. Adottando svariati supporti sui quali sperimentare nuove modalità espressive –tela, gommapiuma, metallo e cartapesta-, la pittura assume un ruolo in divenire assoggettandosi a diverse manipolazioni: a volte il colore appare corposo e steso con limpide pennellate, a volte quest’ultime distribuiscono il colore, non più concentrato ma diluito, in modo automatico, impulsivo. La gestualità istintiva è ravvisabile anche in processi di sottrazione attraverso l’uso di un taglierino o altri utensili di affine natura. Assumendo un ruolo fondamentale nel lavoro dell’artista, la materia pittorica diviene centro di diffusione dal quale prendono vita pure una serie di installazioni. In questo caso, la tridimensionalità diventa pretesto per analizzare –ruotandovi attorno- tutti quei dettagli reconditi che in pittura è impossibile mostrare: una necessità che spiega il desiderio di Capolupo di “espandersi”, di mettersi alla prova debordando dai limiti di una cifra stilistica consolidata. Attraverso gli anni, l’artista ha attribuito al proprio lavoro sembianze differenti pur non negando ovviamente la necessità di lunghi momenti di riflessione introspettiva. Non solo a cambiare è il materiale utilizzato in principio -alla carta e all’acrilico vengono sostituti la tela e il colore a olio-, ma anche le tematiche subiscono un evidente ribaltamento. Il piano urbano, con i suoi scenari industriali ma comunque decadenti, viene inizialmente popolato da tutti quegli scarti materiali abbandonati dalla società, che però sulla tela riacquistano una vitalità ritenuta ormai estinta. Gli oggetti, dunque, assumono una progressiva centralità prima insperata – rispetto al paesaggio che piuttosto perde spessore- trovando un posto fisso nella spazialità dell’opera. Spesso, tuttavia, la realtà di ogni giorno viene risucchiata nella dimensione onirica generando un’ineludibile paradossalità. Il supporto prende vita caratterizzandosi attraverso ritratti, nature morte o più semplicemente figure umane che citano una quotidianità spesso adagiata su un tavolo da cucina o di un salotto. Tutto appare festosamente colorato abbandonando l’iniziale e predominante tavolozza in bianco e nero. Il mescolamento tra la vita e il sogno conduce a un piccolo spiraglio attraverso cui guardare il mondo con predisposizione estetica. In modo ricorrente appare pure l’elemento vegetale sottoforma di brillanti nature morte contemporaneizzate. In questo senso, la natura diventa punto di contatto imprescindibile con l’uomo: piante d’appartamento o vasi di fiori risultano sempre associati a esseri viventi, specie negli ultimi lavori dell’artista. La figura non appare definita minuziosamente ma solo evocata, probabilmente col fine di innescare una qualche sensazione ad essa associata. La scelta di creare atmosfere pittoriche ha come obiettivo quello di dar vita a uno spazio intimo ma che sia riconoscibile a tutti. Uno spazio in cui identificarsi, lasciarsi ammaliare o altrimenti respingere. L’arte, o la pittura, in questo caso, assume il valore di strumento d’indagine e comprensione: essa è un motore di ricerca paragonabile ad altrettanti linguaggi oggi esistenti.

La pittura di Anna Capolupo possiede un taglio strettamente personale. Adottando svariati supporti sui quali sperimentare nuove modalità espressive –tela, gommapiuma, metallo e cartapesta-, la pittura assume un ruolo in divenire assoggettandosi a diverse manipolazioni: a volte il colore appare corposo e steso con limpide pennellate, a volte quest’ultime distribuiscono il colore, non più concentrato ma diluito, in modo automatico, impulsivo. La gestualità istintiva è ravvisabile anche in processi di sottrazione attraverso l’uso di un taglierino o altri utensili di affine natura. Assumendo un ruolo fondamentale nel lavoro dell’artista, la materia pittorica diviene centro di diffusione dal quale prendono vita pure una serie di installazioni. In questo caso, la tridimensionalità diventa pretesto per analizzare –ruotandovi attorno- tutti quei dettagli reconditi che in pittura è impossibile mostrare: una necessità che spiega il desiderio di Capolupo di “espandersi”, di mettersi alla prova debordando dai limiti di una cifra stilistica consolidata. Attraverso gli anni, l’artista ha attribuito al proprio lavoro sembianze differenti pur non negando ovviamente la necessità di lunghi momenti di riflessione introspettiva. Non solo a cambiare è il materiale utilizzato in principio -alla carta e all’acrilico vengono sostituti la tela e il colore a olio-, ma anche le tematiche subiscono un evidente ribaltamento. Il piano urbano, con i suoi scenari industriali ma comunque decadenti, viene inizialmente popolato da tutti quegli scarti materiali abbandonati dalla società, che però sulla tela riacquistano una vitalità ritenuta ormai estinta. Gli oggetti, dunque, assumono una progressiva centralità prima insperata – rispetto al paesaggio che piuttosto perde spessore- trovando un posto fisso nella spazialità dell’opera. Spesso, tuttavia, la realtà di ogni giorno viene risucchiata nella dimensione onirica generando un’ineludibile paradossalità. Il supporto prende vita caratterizzandosi attraverso ritratti, nature morte o più semplicemente figure umane che citano una quotidianità spesso adagiata su un tavolo da cucina o di un salotto. Tutto appare festosamente colorato abbandonando l’iniziale e predominante tavolozza in bianco e nero. Il mescolamento tra la vita e il sogno conduce a un piccolo spiraglio attraverso cui guardare il mondo con predisposizione estetica. In modo ricorrente appare pure l’elemento vegetale sottoforma di brillanti nature morte contemporaneizzate. In questo senso, la natura diventa punto di contatto imprescindibile con l’uomo: piante d’appartamento o vasi di fiori risultano sempre associati a esseri viventi, specie negli ultimi lavori dell’artista. La figura non appare definita minuziosamente ma solo evocata, probabilmente col fine di innescare una qualche sensazione ad essa associata. La scelta di creare atmosfere pittoriche ha come obiettivo quello di dar vita a uno spazio intimo ma che sia riconoscibile a tutti. Uno spazio in cui identificarsi, lasciarsi ammaliare o altrimenti respingere. L’arte, o la pittura, in questo caso, assume il valore di strumento d’indagine e comprensione: essa è un motore di ricerca paragonabile ad altrettanti linguaggi oggi esistenti.

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