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Rori Palazzo

Palermo (Italia), 1977

Fotografia, Metafora, Sogno, Mito, Meditativa

 La fotografia di Rori Palazzo dà forma all’incanto, alla sua personalissima condizione incantata, dove l’immagine che ne risulta apre varchi e passaggi verso un oltre reale, che attira magneticamente le nostre percezioni del perturbante e, al contempo, il nostro interesse intellettuale. La sua fotografia si pone come una domanda aperta all’osservatore: metafora, simbolo, sogno, sospensione.

Rori Palazzo costruisce uno spazio scenico, dove alloggiare la sua visione, trasformando le idee, le sue riflessioni intorno al mito, al sacro, all’archetipo o al femminile, in una elaborata composizione. 

Il rigore classico, la struttura trasparente, la ricerca della simmetria vanno di pari passo con uno sguardo che cerca al di là del tangibile e del visibile, e rimanda ad un’ulteriorità di senso che non è percepibile razionalmente, e che per questo desta inquietudine. 

Luce e corpo sono due linee direzionali entro cui leggere le immagini rappresentate. La luce serve a intrecciare le relazioni possibili tra la scena e le percezioni emozionali; Il corpo è lo strumento che indaga la forma. Bellezza e stranezza ne delineano le sue qualità.

Il corpo, tensione muscolare e bellezza della nudità, è spesso al centro di una narrazione, che non si rivela all’istante, ma si svela nelle pieghe, negli anfratti, nei nascondimenti, nelle sospensioni a cui la fotografa sottopone il soggetto fotografato. E in questa compromissione dello stato fisico normale l’autrice cerca l’ibridismo, quello stato di incertezza che confonde, che solleva interrogativi inquietanti, che fa emergere il perturbante della visione.

 La fotografia di Rori Palazzo dà forma all’incanto, alla sua personalissima condizione incantata, dove l’immagine che ne risulta apre varchi e passaggi verso un oltre reale, che attira magneticamente le nostre percezioni del perturbante e, al contempo, il nostro interesse intellettuale. La sua fotografia si pone come una domanda aperta all’osservatore: metafora, simbolo, sogno, sospensione.

Rori Palazzo costruisce uno spazio scenico, dove alloggiare la sua visione, trasformando le idee, le sue riflessioni intorno al mito, al sacro, all’archetipo o al femminile, in una elaborata composizione. 

Il rigore classico, la struttura trasparente, la ricerca della simmetria vanno di pari passo con uno sguardo che cerca al di là del tangibile e del visibile, e rimanda ad un’ulteriorità di senso che non è percepibile razionalmente, e che per questo desta inquietudine. 

Luce e corpo sono due linee direzionali entro cui leggere le immagini rappresentate. La luce serve a intrecciare le relazioni possibili tra la scena e le percezioni emozionali; Il corpo è lo strumento che indaga la forma. Bellezza e stranezza ne delineano le sue qualità.

Il corpo, tensione muscolare e bellezza della nudità, è spesso al centro di una narrazione, che non si rivela all’istante, ma si svela nelle pieghe, negli anfratti, nei nascondimenti, nelle sospensioni a cui la fotografa sottopone il soggetto fotografato. E in questa compromissione dello stato fisico normale l’autrice cerca l’ibridismo, quello stato di incertezza che confonde, che solleva interrogativi inquietanti, che fa emergere il perturbante della visione.

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