Divide et impera (dividi e comanda) è una locuzione latina di incerta attribuzione usata per significare che la divisione, la rivalità, la discordia dei popoli soggetti giova a chi vuol dominarli. Questo è il titolo scelto da Francesco De Grandi per la sua personalissima rappresentazione di uno dei momenti più significativi della storia dell’umanità.
In primo piano due figure si fronteggiano, in posa come in una foto di caccia; sul fondo la preda: le tre croci, sotto le quali sfilano generali e sommi sacerdoti come in una parata carnevalesca.
La figura a sinistra, il capo delle guardie, veste gli abiti di un soldato Ascaro, soldato indigeno in armi nell’esercito regio italiano ai tempi delle colonie africane, una figura militare non dissimile da quello che erano i centurioni romani di stanza nei territori occupati della Terra santa, o da tutti i militari arruolati in loco dalle truppe di occupazione in ogni parte della storia dell’uomo. A destra il sommo sacerdote è simbolo di quel potere religioso che consegna al braccio militare ciò che minaccia il controllo delle anime, in un intreccio di potere e violenza. Ai loro piedi, in terra, un aggrovigliarsi di detriti e crani, a simboleggiare la rivoluzione che, quando non diventa potere, viene sempre sedata nel sangue.
E’ così che Francesco De Grandi lavora con i materiali documentali e d’archivio, trovando assonanze, rispondenze e ricorrenze in una visione olistica dell’esistenza dove ogni cosa è contenuta nelle altre, nel tempo e nello spazio, in un’idea Junghiana di sincronicità, dove la materia si curva e la coscienza si espande in un eterno orizzonte degli eventi.
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