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Mattia Barbieri

Brescia (Italia), 1985

Pittura, Scultura, Narrazione, Simbolismo, Metaforico, Iconografico, Segnico, Evocativo
Punti chiave della carriera: Biennale di Mosca (2010), Fabbrica del Vapore-Milano, Museo d’Arte Contemporanea di Lissone, MAM (Museo Arte Moderna di Mantova), Premio Nocivelli.

Con spiccata capacità tecnica e ricchezza di elementi, la pittura di Mattia Barbieri si rivela una pittura dove tutto si svolge su un unico piano, ideale e concreto, un campo all’interno del quale elementi disparati ed eterogenei si dispongono spesso senza apparente gerarchia. La composizione, solida e a tratti virtuosistica, raccoglie sedimenti dell’immaginario collettivo, della storia dell’arte, della cultura popolare, ricombinati in una nuova veste.

Senza mai cedere alla narrazione o al simbolismo, i dipinti di Barbieri presentano elementi espressivi, concatenazioni di significato, metafore e allusioni, con un approccio spesso ironico che sempre sottende una raffinata elaborazione intellettuale. Gli elementi pittorici, non importa se appartenenti alla tradizione o ai più spinti neologismi visivi, sono utilizzati come parole che compongono un codice grammaticale utilizzato dall’artista per interagire con la pittura in quanto linguaggio, attraverso il quale ogni cosa viene decostruita, ristrutturata e riletta.

Dipinge prevalentemente su tavola, attratto dalla fisicità del legno e dalla possibilità di un processo di sovrascrittura dei livelli; più raramente – e soltanto quando il senso del lavoro lo richiede – utilizza la tela o la carta.

La superficie dei dipinti risulta a volte movimentata da una serie di segni, incisioni, lettere o cifre; diversamente, laddove la campitura pittorica appare nella sua limpidità, la pennellata si estende con fluidità e precisione. Ricorrente è l’utilizzo di utensili di uso non strettamente artistico  – levigatrici, oggetti puntiformi con cui picchiettare il supporto – e una linea davvero esile demarca la distinzione che intercorre tra manipolazione della forma pittorica e quella scultorea, a cui Barbieri spesso ricorre come altra modalità espressiva.  

Ambedue i medium vantano una reciproca concomitanza per cui strumenti in genere pensati per la scultura possono ugualmente interessare anche la superficie bidimensionale, mentre la pratica pittorica può trovare spazio in opere tridimensionali. Utilizza frequentemente il gesso e il cemento, materiali che offrono la possibilità sia di essere scolpiti da un blocco, sia di essere colati in una forma, ampliando in questo modo i ritmi visivi e i significati che ne derivano; utilizza anche legno e alluminio, attribuendo didascalie che si adattano a quelle di un dipinto (olio su legno, olio su alluminio). Tale fremente spirito di ricerca e di sperimentazione ha sempre caratterizzato l’arte di Barbieri conducendolo a ordinare i propri lavori in cicli e serie distinte per innovazioni tecniche e forme iconografiche, un modo per mostrare prospettive diverse dello stesso panorama, concependo le potenzialità della pratica pittorica come un prisma sfaccettato da ruotare, osservare e tradurre.

Con spiccata capacità tecnica e ricchezza di elementi, la pittura di Mattia Barbieri si rivela una pittura dove tutto si svolge su un unico piano, ideale e concreto, un campo all’interno del quale elementi disparati ed eterogenei si dispongono spesso senza apparente gerarchia. La composizione, solida e a tratti virtuosistica, raccoglie sedimenti dell’immaginario collettivo, della storia dell’arte, della cultura popolare, ricombinati in una nuova veste.

Senza mai cedere alla narrazione o al simbolismo, i dipinti di Barbieri presentano elementi espressivi, concatenazioni di significato, metafore e allusioni, con un approccio spesso ironico che sempre sottende una raffinata elaborazione intellettuale. Gli elementi pittorici, non importa se appartenenti alla tradizione o ai più spinti neologismi visivi, sono utilizzati come parole che compongono un codice grammaticale utilizzato dall’artista per interagire con la pittura in quanto linguaggio, attraverso il quale ogni cosa viene decostruita, ristrutturata e riletta.

Dipinge prevalentemente su tavola, attratto dalla fisicità del legno e dalla possibilità di un processo di sovrascrittura dei livelli; più raramente – e soltanto quando il senso del lavoro lo richiede – utilizza la tela o la carta.

La superficie dei dipinti risulta a volte movimentata da una serie di segni, incisioni, lettere o cifre; diversamente, laddove la campitura pittorica appare nella sua limpidità, la pennellata si estende con fluidità e precisione. Ricorrente è l’utilizzo di utensili di uso non strettamente artistico  – levigatrici, oggetti puntiformi con cui picchiettare il supporto – e una linea davvero esile demarca la distinzione che intercorre tra manipolazione della forma pittorica e quella scultorea, a cui Barbieri spesso ricorre come altra modalità espressiva.  

Ambedue i medium vantano una reciproca concomitanza per cui strumenti in genere pensati per la scultura possono ugualmente interessare anche la superficie bidimensionale, mentre la pratica pittorica può trovare spazio in opere tridimensionali. Utilizza frequentemente il gesso e il cemento, materiali che offrono la possibilità sia di essere scolpiti da un blocco, sia di essere colati in una forma, ampliando in questo modo i ritmi visivi e i significati che ne derivano; utilizza anche legno e alluminio, attribuendo didascalie che si adattano a quelle di un dipinto (olio su legno, olio su alluminio). Tale fremente spirito di ricerca e di sperimentazione ha sempre caratterizzato l’arte di Barbieri conducendolo a ordinare i propri lavori in cicli e serie distinte per innovazioni tecniche e forme iconografiche, un modo per mostrare prospettive diverse dello stesso panorama, concependo le potenzialità della pratica pittorica come un prisma sfaccettato da ruotare, osservare e tradurre.

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